Un filosofo-teologo dell’Ottocento negli anni dell’adolescenza aveva forte la domanda su quale fosse il principio unitario su cui tutto si fonda, e lo trovò nel Verbo che si è fatto carne, centro e respiro di tutta la storia. Il suo capolavoro finisce nelle mani di un sacerdote ambrosiano che lo apprezza molto perché vi trova conferma della lezione appresa “un bel giorno” dal suo professore di religione negli anni del liceo: “Il Verbo di Dio [ovvero il termine delle esigenze del cuore umano, cioè l’oggetto ultimo dei desideri del cuore umano, la felicità] si è fatto carne”.
Di quel libro, La Vita di Gesù Cristo di Vito Fornari, Luigi Giussani dirà che è stato per lui fondamentale «come genesi poetica per l’idea di Cristo».
Cosa intendeva don Luigi Giussani con questa affermazione? Per la prima volta in questo libro si indaga su questo decisivo debito culturale del fondatore di Comunione e Liberazione
«Ero un giovane seminarista, un ragazzo obbediente,esemplare, finché un giorno accade qualcosa che cambiò radicalmente la mia vita. Fu quando un mio insegnante spiegò a me, in seminario, la prima pagina del Vangelo di Giovanni: “Il Verbo di Dio [ovvero il termine delle esigenze del cuore umano, cioè l’oggetto ultimo dei desideri del cuore umano, la felicità] si è fatto carne”. La mia vita è stata letteralmente investita da questo, sia come memoria che persistentemente percuote il mio pensiero, sia come stimolo alla banalità quotidiana. L’istante, da allora, non fu più banalità per me. Tutto ciò che era, perciò tutto ciò che era bello, vero, attraente, affascinante, fin come possibilità, trovava in quel messaggio la sua ragione d’essere, come certezza di presenza in cui era speranza di tutto abbracciare.
Ciò che mi diversificava da chi mi circondava era la voglia e il desiderio di capire. È questo il terreno su cui la nostra devozione alla ragione nasce».
Luigi Giussani
Dal testo per il Seminario su Movimenti ecclesiali
e nuove comunità nella sollecitudine pastorale dei vescovi
Roma, 18 giugno 1999
Il brano che precede, un testo poco conosciuto di don Giussani, è il mio invito alla lettura.
Capisco che questo libro possa sembrare di interesse solo per specialisti o per appassionati di filosofia e teologia. Vorrei subito precisare che non è così. Per me, all’età di 66 anni, è stata l’occasione per re-incontrare il fascino del carisma di don Giussani ed anche di lasciarmi ri-coinvolgere dalla sua devozione alla ragione.
Nel lavoro di studio e di ricerca, mi sono lasciato guidare dalla «voglia e dal desiderio di capire». Indagando sulle influenze di Vito Fornari sul pensiero di Luigi Giussani, ho riscoperto l’originalità, il carattere sorgivo dello sguardo sulla realtà del sacerdote ambrosiano. Una bellezza da cui lasciarsi attrarre e conquistare. Spero che la lettura del libro trasmetta questa esperienza.
Anche da un platonico dell’Ottocento il Gius ha saputo estrarre decisivi spunti per la sua idea poetica di Cristo. E questa è una grande lezione di applicazione di un metodo: «Vagliate tutto, trattenete il valore».
Mi auguro che i miei figli, la loro generazione, i miei nipoti e i loro coetanei, possano vivere lo stesso entusiasmo dell’incontro con un pensiero che allarga la ragione e dona uno sguardo adeguato sulla vita.