Il mio libro”Giorgio La Pira. La fede cambia la vita e la storia”sarà presentato nell’ambito del Meeting 2018. L’appuntamento è alle ore 16 di giovedì 23 agosto al Book Corner accanto alla Libreria. Mi intervisterà Ivo Paiusco, presidente dell’Associazione Culturale Alcide De Gasperi, di Legnano.
Credo che il Meeting sia davvero il luogo giusto dove presentare questo libro. Non solo perché lo sguardo sulla storia e sul destino umano proprio di La Pira è in piena sintonia con il tema di quest’anno: “Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice”. È il luogo adeguato per presentare il libro perché nella storia di Gioventù Studentesca, prima, e di Comunione e Liberazione poi, sono stati numerosi gli incroci fra La Pira e il movimento. Ricordo perfettamente come se fosse ieri una tre giorni nazionale di Gs a Pesaro (credo fosse il settembre 1975) quando fu letto un telegramma di Giorgio La Pira, accompagnato dalla precisazione, utile per noi giovani studenti, che si tratta di una persona che molta importanza aveva avuto nella storia del movimento.
Certamente il momento più importate è stata la partecipazione al famoso convegno di GS del 1962 (ricordato anche nella Vita di Giussani edita da Rizzoli) sul tema “Vivere le dimensioni del mondo”. Giorgio La Pira tenne una relazione il cui passaggio centrale è il seguente: «C’è una logica nel movimento dei popoli: essi, consapevoli o no, svolgono tutti un preciso disegno; ogni membro di quell’organismo che è l’umanità ha una sua funzione e un suo scopo. La chiave della storia universale, di questo movimento di tutti i popoli, sta tutta nella risposta alla domanda del Cristo: “Chi dicono gli uomini che io sia?”. Se il Cristo è il Figlio del Dio vivente (e la resurrezione ne è la prova), la storia è storia di una Persona, e la Chiesa è il prolungamento nel tempo e nello spazio di una Persona: lui. La storia vive e i secoli si svolgono perché Cristo possa svilupparsi, questo è il grande mistero della storia universale. Bisogna interpretare tutto nella Sua luce, bisogna credere nell’impossibile, perché nulla è impossibile a Dio».
Nel libro spiego come questa concezione della storia come biografia di Cristo La Pira l’abbia attinta dal teologo Vito Fornari, molto letto fino agli anni Quaranta del secolo scorso e poi dimenticato. La scoperta che poi compiuto, a libro purtroppo ormai stampato, è che Fornari è stato uno degli autori sui quali si è formato anche il giovane don Giussani. In una conversazione sugli autori che hanno influito su di lui, disse: «Un libro fondamentale per me , come genesi poetica per l’idea di Cristo, è di V. Fornari, La vita di Cristo. Avevo letto di lui anche L’arte del dire». Molte consonanze che si possono rintracciare fra il pensiero di Giussani e quello di La Pira (ad esempio l’idea del cristianesimo come esperienza di bellezza che attrae) hanno quindi le radici nella comunanza di letture giovanili.
Facendo un salto di un po’ di anni arriviamo alla seconda metà degli anni Settanta quando alcuni giovani giornalisti di CL e altri provenienti da altre esperienze, fra cui Vittorio Citterich, diedero vita a una settimanale che poi si chiamerà Il Sabato. Il nome venne proprio da La Pira, ai suoi ultimi giorni di vita. Ha raccontato Citterich: «Mi disse dunque La Pira, in uno degli ultimi incontri che avemmo, di andare avanti con “quei ragazzi, freschi, intelligenti, e un po’ accaniti” che avevano bisogno, a suo parere, anche di un’esperienza giornalistica più abile, tranquilla e ben orientata. “Cercate una testa che abbia un sapore bibico”, mi disse, “per esempio L’ultimo giorno” Replicai che mi sembrava piuttosto esagerato. “Sabato andrebbe bene, professore?”. “provate”. E provammo e il Sabato fu».
Nel 1996 La Stampa pubblicò una lunga intervista a don Giussani e l’intervistatore gli chiese se si sentiva più garantito da un cristiano al governo. «No, – rispose – Il problema è la sincera dedizione al bene comune e una competenza reale e adeguata. Ci può essere un cristiano ingolfato nei problemi ecclesiastici la cui onestà naturale e la cui competenza possono lasciare dubbi. Preferisco che non sia così. Come, secondo me, non è così per De Gasperi, La Pira, Moro e Andreotti».
Il giudizio, sorprendentemente ancora attuale a più di vent’anni di distanza, trova un riscontro in una lettera di La Pira a Pio XII del 1958. Il sindaco di Firenze polemizza contro un certo clericalismo in voga (non solo allora) fra i cristiani impegnati nell’agone pubblico: per fare politica non basta essere iscritti all’Azione cattolica o proclamarsi amico di questo o quel prelato. «Tutto questo è finito – proclama La Pira – Mia madre e i miei fratelli sono coloro che fanno la volontà del Padre mio».